Oggi che va per la maggiore rivestire case e palazzi col cosiddetto “cappotto termico” mi sembra proprio il caso di dedicare un post a quello che mi sento di definire come un antenato multi-secolare e perfettamente eco-compatibile dei moderni pannelli isolanti.
Mi riferisco all’ intonaco (o arricciatura)di calce e pomici col quale si usava rifinire le superfici esterne delle case di Agerola.
La pomice è un ottimo isolante termico, in quanto essa è estremamente ricca di micro-cavità interne che ne fanno un materiale molto poroso (fino al 90%) e molto leggero (peso specifico inferiore a 1 kg/ dm3; fino a meno di 0,2 kg/dm3). In virtù di detta porosità, la pomice, come l’argilla espansa, il sughero, il polistirene, ecc., è un ottimo isolante termico.
La foto che segue mostra il tipico aspetto di una facciata rifinita con il tradizionale mantello di pomici e calce. Nel caso specifico si tratta di un lavoro fatto circa quarant’anni fa.
La tecnica di esecuzione è molto simile a quella che si usa per l’applicazione di un rinzaffo a cazzuola. Le pomici non devono essere troppo grosse (max 1 cm o poco più) e l’impasto di pomici e calce spenta deve essere parecchio fluido. Tenedosi a circa un metro dalla parete, il muratore tiene nella sinistra la caldarella con l’impasto, ne preleva poco alla volta con la cazzuola e con abile gesto arcuato, simile a quello del contadino che semina a spaglio, lo getta contro il muro prima che possa colare via dall’attrezzo. Il rivestimento di una parete avviene ripetendo questi gesti moltissime volte, mentre ci si sposta di pochi centimetri alla volta verso destra (ma poi, ultimata una fascia, anche verso il basso, per iniziarne un’altra).
Non so quanto sia antico l’uso di questa tecnica ad Ageroa e dintorni. Certo è che la disponibilità di giacimenti di pomici qui esiste da circa duemila anni, vale a dire da quel 79 dopo Cristo che vide il Vesuvio dare una delle sue più forti eruzioni esplosive. La gigantesca nuvola a forma di pino che Plinio il Vecchio vide da Miseno era fatta in massima parte di pomici. Essa si alzava fin nella stratosfera (si stima tra 20 e 30 km di altezza) dove in quei giorni soffiava un vento diretto verso SSE. Di conseguenza la testa della nube eruttiva si allungò in quella direzione e intorno a quella direzione si concentrò la ricaduta al suolo delle pomici. Ad Agerola ne caddero tante da formare un banco spesso circa 2 metri. Ovviamente, quel banco si è conservato intatto o quasi solo sui tratti pianeggianti del territorio, mentre sui pendii – specie se ripidi – è stato ampiamente assottigliato dall’erosione.
Cos’è e come si forma la pomice?
La pomice è un materiale vulcanico che si forma durante le eruzioni esplosive. Spinto dalla pressione esercitata dai gas in esso contenuti, il magma fuso viene lanciato fuori (talora fino a parecchi km di altezza) e si raffredda così rapidamente da non dar tempo ai costituenti chimici di cristallizzare, cioè di solidificare in minerali diversificati e in regolari forme geometriche. Il magma si solidifica invece in forma amorfa, ossia come vetro vulcanico.
A sinistra: il candido banco delle pomici del 79 d.C. in un affioramento in località Piano di S. Erasmo (a NE di Agerola). Il sottostante terreno rossiccio è il paleo-suolo di epoca romana. A destra in alto: un singolo frammento di pomice. A destra in basso: ingrandimento al microscopio che fa meglio notare i vacuoli tipici delle pomici.
Anche la famosa ossidiana è fatta di vetro vulcanico, ma è vetro compatto e scuro nato da emissioni di magma povero di gas. La pomice, invece è solitamente di colore chiaro e non di rado bianca o quasi. Ciò è dovuto al fatto che, mentre i brandelli di magma incandescente volano a getto verticale nell’atmosfera, al loro interno si liberano dei gas vulcanici che prima erano disciolti nel magma [1]. Dunque, in quelle passerelle di vetro incandescente e plastico, si formano delle bollicine che tendono poi a uscire dalla massa, generando delle micro cavità a forma di tubicini.
In sintesi, possiamo dire che le pomici sono fatte di vetro vulcanico soffiato.
Le pomici nell’edilizia moderna
Nell’edilizia moderna le pomici sono ancora parecchio utilizzate, specie come inerti per il confezionamento di calcestruzzo alleggerito (peso specifico poco superiore a 1kg/dm3) da usarsi per massetti di sottofondo di solai, per rinfianchi di volte e cupole, ecc.
Inoltre, nel Vesuviano e non solo, con analoghi calcestruzzi alleggeriti si confezionano quei blocchetti (forati o pieni e di varie taglie) che usiamo dire “di lapillo e cemento”.
Vi è poi un uso delle pomici che è fortemente imparentato col tradizionale arriccio per esterni cui è dedicato questo articolo. Si tratta di quegli intonaci naturali di fondo per interni ed esterni che si producono anche a scala industriale e che sono anch’essi alleggeriti, rispetto a quelli con inerti lapidei. Chi produce e vende tali pre-miscelati per intonaci ne sottolinea la naturalità dei componenti, il potere termo-isolante (conduttività termica intorno a 0,2 W/mK), insieme alle proprietà di esse un materiale traspirante e incombustibile.
Questi ultimi due fattori fanno una bella differenza rispetto a certi moderni materiali isolanti di origine industriale. Ma rispetto a questi ultimi, una malta ricca di pomici ha anche un altre grande vantaggio: quello di non diventare un rifiuto inquinante e difficile da smaltire quando cade per vetustà o viene rimossa a seguito di ristrutturazioni. Infatti un intonaco a pomici e calce può essere facilmente frantumato e riutilizzato nel confezionamento di muova malta.
Conclusione
In definitiva, mi pare di poter dire che il tradizionale intonaco “riccio” a pomici e calce fu un’ottima scelta dei nostri antenati, sempre bravi a sfruttare ciò che il loro territorio offriva (calce dalle locali calcare e pomici trovate nel primo sottosuolo).
Certo, con il suo spessore di circa 2 cm, più che un “cappotto” era una …”giacchetta termica”. Ma oggi, visti i problemi ecologici e geo-politici che abbiamo e considerato che le pomici le abbiamo in casa, non sarebbe il caso di sperimentare l’applicazione di più mani sovrapposte di quell’intonaco, fino a raggiungere un grado di isolamento tale da portare gli edifici esistenti in una classe di efficienza energetica accettabile?
Note:
1 –Anche in una bottiglia chiusa di spumante o birra vi è del gas (anidride carbonica) disciolto nel liquido. Esso si libera e diviene visibile come bollicine, quando apriamo la bottiglia.